il Quotidiano

Gioved� 8 aprile 2004 pag. 43

 

 

Pubblicato il dizionario degli anarchici: i nessi con il movimento operaio

 

Dall'anarchia al socialismo

Riscoperta una figura dimenticata: Salvatore Cortese da Lungro

 

di Michelangelo CIMINO

 DAL DIZIONARIO         ALTRI SCRITTI

 

IL PICCOLO rovello storiografico che per decenni ha impegnato le menti degli storici dell'anarchia sembra aver trovato una parziale risoluzione. Il "Dizionario biografico degli anarchici italiani" (a cura di Maurizio Antonioli, Giampietro Berti, Santi Fedele e Pasquale Iuso,, VoI. I, A-G, 16 Tavv., pp. 816, Biblioteca "Franco Serrantini", Pisa 2004, euro 80,00), � uno strumento attraverso cui diventa agevole trovare il giusto equilibrio storiografico tra appartenenza del movimento anarchico al movimento operaio e "orgogliosa rivendicazione di identit� specifica". "Il lavoro -ha affermato Simona Colarizi, storico contemporaneista all'Universit� di Roma -fa ritrovare i nessi perduti o rimossi [con il movimento operaio, nda]". Ma "scavare nella vita di militanti di base e di dirigenti riporta il movimento anarchico alla sua vera essenza". Vale a dire di movimento "fatto di persone".

Non � un caso infatti che la scelta di dichiararsi anarchici � una scelta di tipo "esistenziale" e non "generazionale". Come non � per nulla casuale che il Dizionario si fermi al 1968: quasi a voler rimarcare una cesura fra anarchismo storico e movimenti generazionali di protesta, la cui esplosione -come � noto -risale al decennio 1968-'77. Anche se la parabola politica e umana di alcuni appartenenti a quei movimenti (pensiamo, ad esempio, a quella del comunista libertario Creste Scalzone) potrebbe rendere meno evidente l'asserzione di Giampietro "Nico" Berti - una vera e riconosciuta autorit�.nel campo degli studi sull'anarchia e l'anarchismo -, secondo il quale fra un anarchico alla Armando Borghi e un anarchico dei giorni nostri "c'� una differenza antropologica abissale". Sia come sia, � per� indiscutibile che mentre "i partiti si possono studiare attraverso le strutture che trascendono le persone, i movimenti anarchici devono essere studiati attraverso le persone".

La storia del movimento anarchico, dunque, � intrecciato a quella di esistenze grandi e umili, fulgide e oscure. Senza il lavorio della formichina Salvatore Cortese da Lungro , al quale il Dizionario ha dedicato una nutrita scheda biografica, le battaglie dei Camillo Berneri, dei Carlo Cafiero, degli Andrea Costa, degli Errico Malatesta sarebbero penetrate con meno velocit� fra le masse operaie. Quelle bracciantili -a detta di Maurizio Antonioli, storico dell'Universit� di Milano -vennero raggiunte con pi� difficolt� dalla diffusione dell'ideale anarchico. E divennero invece terreno di propaganda della fede socialista.

Ma tutte queste esistenze risultano egualmente importanti per ricostruire la trama storica di un movimento fortemente ancorato alle proprie radici. Un elemento che � al contempo sintomo di forza e di debolezza perch� se da un lato il richiamo al proprio passato ha assicurato ad esso una lunghissima esistenza; dall'altro ne ha come bloccato l'elaborazione ideologica al suo periodo di maggior fulgore (1860-1892). Il limite del pensiero anarchico, insomma, consiste nel non aver fatto fino in fondo "i conti con la democrazia" (Simona. Colarizi). In una societ� di massa, governata da una classe politica e dirigente diffusa e democraticamente eletta, la pratica anarchica per eccellenza perde di senso: poich� �ha sottolineato sempre la Colarizi -"eliminare il tiranno non significa [pi�]eliminare [tout court] il potere", liberticida e affamatore.

Dopo il 1892, anno di fondazione del Partito socialista dei lavoratori italiani, "la storia del movimento anarchico -ha affermato lo storico contemporaneista Giovanni Sabbatucci -diventa la storia del partito socialista e delle sue eresie". Gli anarchici, cio�, non scompaiono dalla scena politica, ma "perdono la scommessa dell'organizzazione" e finiscono per diventare uno spezzone eterodosso del Partito socialista di Filippo Turati. E' in seguito a questa sconfitta sul piano dell'organizzazione, e alla forte repressione di cui saranno fatti oggetto, che essi, negli anni successivi, andranno ad ingrossare le fila di altre organizzazioni politiche. Ma sar� il biennio immediatamente successivo alla Rivoluzione del '17 che vedr� gli anarchici sottoposti ai colpi di una vera e propria mattanza, fisica e politica. " In Russia -ha detto Nico Berti, storico contemporaneista all'Universit� di Padova -sono stati sterminati; negli stati liberali sono stati perseguitati e messi da parte. Dopo il '17, il destino degli anarchici � stato un destino di solitudine: perch� non stavano ne con i rossi [i comunisti], ne con i neri [i fascisti]".

Infatti, con l'avvento del regime fascista, la situazione degli anarchici italiani peggiorer� non poco. La loro presenza nei luoghi di detenzione sar� "fortemente sovrarappresentata" (Sabbatucci). Mentre nel periodo resistenziale, essi si appoggeranno a gruppi e groppuscoli, i cui membri abbracceranno il fucile per salire in montagna o trameranno nel chiuso degli appartamenti cittadini. La storia della presenza anarchica in Bandiera. rossa o in Giustizia e libert� � una storia ancora tutta da scrivere.

 

Parla il figlio

di Salvatore Cortese

�Mio padre un non violento�

 

DOMENICO CORTESE, 53 anni, insegnante elementare a Lungro, � nato sei mesi prima che suo padre Salvatore morisse.E' dunque probabile che il non aver conosciuto il genitore, sia stata la molla che ha fatto scattare in lui un bisogno di memoria, coltivato in maniera tenace e caparbia. Le ricerche che egli porta avanti sulla storia della propria famiglia e sulla comunit� arbreshe di Lungro, in epoca fascista, si possono leggere sul sito che da anni cura personalmente (www.ungra.it).

Quando e perch� Salvatore Cortese scelse di aderire al movimento anarchico?

"Non saprei con esattezza -risponde -anche perch� il passaggio � avvenuto in Argentina, dove egli emigr� nel1924. In un periodo centrale per la comunit� lungrese in Argentma, che � stato ricostruito da Roberta Vicchio nella sua tesi di laurea ["L'emigrazione transoceanica calabrese e i lungresi in Argentina", nda]. So per� che lui � partito da iscritto al Partito comunista d'Italia".

E non conosce qual � stata la ragione che lo port� ad abbandonare il PcdI?

"Credo che la scelta venne fatta quando in Russia ci fu il passaggio dal periodo post-rivoluzionario alla dittatura di Stalin. Quello che lui critica � l'autoritarismo di cui Stalin � portatore. In un articolo, intitolato Anarchismo e violenza, e pubblicato sul numero 18 della rivista "Studi sociali", che nel 1932 usciva a Montevideo (Uruguay), egli scriveva: "La rivoluzione russa che nel '17 e per un paio d'anni appresso fu il faro luminoso e la stella polare del proletariato internazionale, [. ..] una volta caduta nelle mani del partito bolscevico venne costretta nel letto di procuste del programma del partito, degli interessi del partito, della politica del partito; ed il partito e per esso i suoi capi ne divennero i padroni assoluti, l'autorit� suprema".

Se non capiamo male, la sua fu una scelta anti-violenta e anti-autoritaria, dettata dal rifiuto dell'involuzione della Rivoluzione bolscevica.

"Mio padre infatti era per l'associazionismo: si dichiarava un seguace di Peter Kropotkin, il quale sosteneva che il comunismo poteva svilupparsi attraverso la nascita di societ� di mutuo soccorso. Nello stesso articolo affermava ancora: "Da un punto di vista naturale la violenza fra uomini � un'aberrazione e una degenerazione. Come dal punto di vista sociale la lotta per l'esistenza fra individui della stessa specie �[...] destinata ad essere sostituita dalla cooperazione e dall'aiuto reciproci". E allora io mi domando: un uomo che scriveva queste cose, poteva essere considerato un sodale di Severino Di Giovanni [un anarchico italiano accusato di essere l'autore divari attentati in Argentina, nda]?"