ARCHIVIO

 

 

 

                      DHĖN FATUĒI

                                     (Giosafat Frascino)

 

 

Nasce in Acquaformosa il 30 ottobre 1907.

Frequenta per pochi anni le scuole elementari, e in seguito, da privatista, nel 1924, consegue l'ex licenza complementare.

Comincia a comporre poesie in "arbėresh" dopo aver conosciuto Papas Vincenzo Selvaggi, che gli diede l' alfabeto albanese e alcuni libri di poesie di De Rada e Variboba

Le sue poesie sono state pubblicate da diversi giornali e riviste: I Trovieri, antologia dei poeti dialettali e alloglotti - L'Albanie libre - Shejzat - Katundi ynė - Risveglio/Zgjimi - Bashkimi - Zėri i Arėbreshvet - Koha e Jonė - Rilindja Arėbreshė - Zjarri - La Voce degli Italo-albanesi - Parallelo 38 - Bollettino Parrocchiale di San Costantino -

Cessa di vivere in Acquaformosa il 24 luglio 1985.

 

Da "ZGJIMI"

Giosafat Frascino č nato ad Acquaformosa (Uj e bukur), nella provincia di Cosenza, il 30 ottobre 1907. Ispirato e delicato poeta arbėresh, canta, prevalentemente nella schietta parlata del suo paese natio, le vicende eroiche della gente albanese, il culto delle avite tradizioni e della Patria; i suoi versi semplici e spontanei e per questo veri esprimono, altresģ, amore verso il creatore e le umane creature, comprensione verso chi soffre, verso gli uccelli, verso coloro che piangono e sperano.

E’ un poeta, il Frascino, che merita la nostra riconoscenza e quella di tutti gli Italo-Albanesi: e mentre gli siamo grati, per averci inviato alcune sue mirabili composizioni poetiche, lo incoraggiamo a continuare in questa nobile e preziosa attivitą: e siamo certi che – dalla sua cara Acquaformosa, ricca di meravigliose visioni panoramiche e di incantevoli bellezze naturali – Giosafat Frascino continuerą a comporre poesie nella cara lingua materna, offrendo in tal modo un prezioso contributo al mondo culturale albanese ed agli studi albanologici. (a.g.)

                  

Da "KOHA E JONĖ"

Z. Giosafat Frascino ąsht nji poet arbresh i mirėnjoftun nė qarqet kulturore tona. Punimet e tija janė botue ndėr revista, tė pėrkohėshme dhe fletore si: “Shėjzat”, “Sqiptari i Lire”, “Zgjimi” “Katundi Ynė”, dhe tash me deshirėn e pėlqimin e tij, ne “Koha e Jonė”. Z.Frascino na ka dėrgue nji tubė vjershash tė cilat, me rasė, do t’i botojmė.

Fallenderojmė mikun pėr pėrkrahjen nė lamin kulturor dhe, me nji “mirė sė ardhet” e pėrshėndeim pėrzemersisht bashkpunetorin t’onė. Z. Frascino

Il Sig. Giosafat Frascino č un poeta italo-albanese molto conosciuto nei nostri circoli culturali. I suoi lavori sono pubblicati in riviste,    in giornali come: “Shėjzat”, “Sqiptari i Lire”, “Zgjimi” “Katundi Ynė”, e ora per suo desiderio e compiacimento, in  “Koha e Jonė”. Il Sig. Frascino ci  avrą mandato una moltitudine di poesie le quali, con l’occasione, intendiamo pubblicare.

Ringraziamo l’amico per il sostegno nel campo culturale, con un “benvenuto” e porgiamo i migliori  auguri al nostro collaboratore Z. Fascino.

 

FIRMOZA

Martri udhėt jan ēė gur kan

se mbi njė brinjė tė madhe

e me njė shėpell

shum lart ka Detj Jon

e anamesa prėnjėvet e kronjėvet

Arbėreshi katundin stisi

ēė edhe sot ėmrin Fimoz ka

e ēė mbjatu i zbuluar,

i ngar ka dielli se si del,

gjithve njė dashuri tė madhe i lė

pse ktu e madhe natura shifet

e, pir vendin e zgjedhur,

edhe me shpirtin shum mir rrifet.

    ACQUAFORMOSA

Testimoni sono le strade pietrose

che su di una grande erta

e con una spelonca

molto alta sul Mare Ionio

e tra burroni e fonti d'acqua

l'Albanese edificņ il suo paese

che ancora oggi porta il nome di Acquaformosa

e che subito scoperto,

toccato dal sole come sorge,

in tutti lascia un grande amore

perché da qui immensa appare la natura

e, per il luogo scelto,

anche lo spirito si diletta.

     PĖR NJĖ GRUA Ē'U VESH LITIRE

 

Grua e re,

njherė si tė pe?

Kėshetė i kishe tė pjeksur

e dukshe nerėnxė e piekur.

Kėshetė i kishe narrele

e dukshe piot me xigarele.

Kėshetė i kishe vollostar

e mė dukshe malli par.

Nani ēė je me lesht e prer

mose thom: e tė ver e tė ver.  

PER UNA DONNA CHE NON VESTE PIŚ ALBANESE

 

Giovane donna

una volta come ti ho vista?

I capelli avevi intrecciati

e sembravi un'arancia matura.

I capelli avevi a gomitoli

e sembravi piena di nastri.

I capelli avevi a tralci

e mi sembravi il primo amore.

Adesso che sei con i capelli corti,

non farmi parlare: lasciamoci stare, lasciamoci stare. 

        UNE DHE TI

Unė

do tė doja pėr tė qenė ti

vetėm ndėse yll mendim

ėshtė lartė

dhe thillmė.

Ndėse ėshtė kėshtu

dhe do tė mbjidhia.

Dhaj mė e bukura lule.

Ndėse ėshtė e mjegulluar,

dhaj hithi,

nga unė

ėshtė e llarguar.

IO E TE

Io

vorrei essere te

solo se il tuo pensiero

č alto

e chiaro.

Se č cosģ

lo coglierei

come il pił bel fiore.

Se č annebbiato,

come l'ortica,

da me

č allontanato.

     TĖ QARĖT DHE GAZE

 

Tė qaret

u le mėnjhere se gazi.

Prandaj

njerėzimi

ka mė tė qarė

se gaze.  

IL PIANTO E LE GIOIE  

 

Il pianto

nacque prima della gioia.

Perciņ

l'umanitą

ha pił pianti 

che gioie.

               STINAT          

     

Paravera

me tallazė shkoj,

dhe kėshtu

me tė qarė vera qendroj.

Tėrė

gaze nuk dhan

vjeshtės

qė sot

si ato

qan.

Dimėri

neg mund nderroij ngiyre.

Kėshtu ėshtė njerėzimi sotmie

qė nuk njeh gaz

por

vetėm lotė.

LE STAGIONI                

La primavera

trascorse con tempeste

e cosģ

con pianto rimase l'estate.

Affatto

sorriso non diedero

all'autunno

che oggi

come esse

piange.

L'inverno

non poteva cambiare colore.

Cosģ č l'umanitą di oggi

che non conosce sorriso

ma

solo lacrime.

                    DE RADA

 

Gjėndej i tė hillur kjielli,

e kishė hitur i tėrė dielli

njė mbrėma ēė e diall’ishė,

e lersia tė kjieshura kishė,

kur u me ca shok u gjėnda,

ket njė kopsht ēė na mbanij mbrėnda.

Kėtu shum rrushė kishin udhritė,

ēė veshe tė piekur jipjin njė ditė,

gjuft na u kishin mbulartur

e  zėmrin, mė lan tė ngultartu.

Pir gjithė tė errurat foltim,

njera si atič, na ndėnjtim.

Duca shėkrimtar-ra u kultuan,

e ndrishe tė mir u harruan.

Jo ka koca ime, ēė hijin,

e ture kjieshur, dilin,

kėtą fialin kishin ngrėjtur;

njeriu llibru u kishė gjėndur,

ka atą ēė piposhė e kishin vėn

e shum helme i kishin lėn.

Kur ndė ajrit njė flamur pč

Mė u duk, si tė part: ea me né.

De Rada u gjėnd shumė i ri

e si sot kultofet, e di.

E di Shėpirti tij i gjall.

se ė i dashur mir, si njė mall.

Ai, mbrėla tė barda veshnij

E mo se gjithė tė jert qeshnij

Pse gjuha ēė kishė martuar

Sot nėng ėsht e harruar

Pse ndir skollt ėsht e mėsuar.

Pana vrojti edhe ēerin,

iku e mė mbuliti derin

ture thon: “arbreshra jan,

ēė me rracin e tirve e kan

mos i mirni fare veshė

ndose kan turp tė jen arbreshė”.

Mbiatu qielli mė u trubullua,

e me koc thashė: “ Deradh’u tė dua

tė dua, pse seshe rrushi lč

e si sot na mbjidhen, i pč.

Mbjidhen mo shum ndė Shqiprit

ku ti kultonje nat e dit

pse, kėto e deshė mir si sit,

si sit tėnd ēė dojin drit”.

     DE RADA

 

Adorno di stelle era il cielo

Ed era tramontato  il sole

Una sera  di domenica

che ridente era

Allorché io con amici mi ritrovai

dentro un giardino

dove gonfie di uva erano le viti

che grappoli maturi un giorno avrebbero dato

con le lingue confuse

ed il cuore ingolfato

Di tante cose parlammo

Fino a quando li ci fermammo.

Di alcuni scrittori parlammo

E di molti altri ci  dimenticammo

Non io perņ, poiché  nella mia mente entravano

E ridendo se ne andavano

Loro che con la poesia la lingua avevano innalzato

E l’uomo avevano liberato

Da chi che lo aveva sottomesso

E molti dispiaceri avevano causato

Quando in aria una bandiera vidi

Mi sembrņ che dicesse: vieni con  noi.

De Rada vidi molto giovane

E come oggi si ricorda lo so

Lo sa il suo spirito vivo

Che č ben voluto come un amore.

Abiti bianchi indossava

E pił degli altri sorrideva

Perché la lingua da lui sposata

Oggi ancora non č dimenticata

Perché a scuola č insegnata

Poi accigliņ il viso

Uscģ e mi chiuse la porta

Dicendo : arbėreshė ce l’hanno con la propria razza

Non ascoltate loro se hanno vergogna di essere arbėreshė.

Subito il cielo si annuvolņ

E col pensiero dissi: De Rada io ti desidero,

ti desidero perché grappoli di uva ci hai lasciato

che ancora oggi  ci raccolgono, hai visto

si raccolgono di pił in Albania

dove ti ricordano notte e giorno

perché l’hai amata come i tuoi occhi

come i tuoi occhi che desideravano luce.