-IL MULINO AD ACQUA �KA KONXA�: archeologia industriale a Lungro

                                                     di Gianfranco Castiglia

 

Nel I secolo a. C. compare in Grecia il mulino idraulico utilizzato per macinare il grano, costituito da una ruota orizzontale ad asse verticale.
I tecnici romani, come attestato da Vitruvio, migliorarono il rendimento e la potenza dei mulini, realizzando una ruota verticale. Il mulino dell'ingegnere romano � il primo motore primario, mosso da energia inanimata.
A partire dal IV secolo d. C., in Europa, i mulini si diffusero notevolmente ed iniziarono ad essere utilizzati non solo per la macina del grano, ma anche come motori primari per altre attivit� produttive come il taglio e la levigatura del marmo o la lavorazione dei vasi e del vetro. In questo periodo vicino ad Arles, in Francia, per esempio una catena di mulini idraulici alimentati da un acquedotto, produceva 2,8 T. di farina al giorno, una quantit� sufficiente per 80000 persone ( Arles contava 10000 abitanti) .
Nei secoli successivi si diffusero anche i mulini gallegianti, alcuni dei quali, sul Po, sopravvissero fino a tempi recenti.
Nel 1086 il registro delle propriet� di Guglielmo il Conquistatore segnala l'esistenza in Inghilterra di 5624 mulini idraulici, uno ogni 50 famiglie.
Ormai le utilizzazioni del mulino ad acqua sono varie: azionamento di magli o mantici, battitura del lino, follatura della lana, produzione di carta con gli stracci e tante altre ( si veda l'esempio di Fabriano nel XIII secolo) . Nei secoli XIII e XIV si accentua la tendenza a concentrare mulini nei conventi: il documento che riportiamo di seguito consiste nella descrizione dell'utilizzo dell'energia idraulica nell'abbazia di Clairvaux, in Francia nel XIV secolo .

 

Il mulino � situato nei pressi del fiume Tiro, a poca distanza dalla chiesetta �S.Maria di Costantinopoli�. Le vestigia sono abbastanza conservate, sono assenti le coperture; la vegetazione abbondante sempreverde contribuisce al degrado dell�architettura.

 Fonti orali sostengono che la struttura appartenesse a tal �Cibuku�. Il suddetto mulino va messo in corrispondenza ad un altro mulino pi� a valle,appartenuto a tal �Filippo Antonio�.

Il mulino cess� di esistere intorno agli anni �50-�60, allorquando la tecnologia rese obsoleto il sistema ad acqua.

La struttura si articola in 3 livelli, o �terrazze�.

 Al piano inferiore dell�ambiente 1 vi � l�alloggiamento dei pali che sostenevano le macine. L�ambiente quadrangolare � formato da grosse pietre levigate dal fluire dell�acqua.

Al livello superiore , appena varcata la soglia, sulla sinistra vi sono 2 vani: probabilmente uno conservava il grano, l�altro fungeva da cisterna. Ci� � evidente data la parte levigata dall�acqua

Sulla destra troviamo 2 buche di palo quadrate. Delle macine rimangono 3 grossi frammenti.

 Segue uno spazio di raccordo che porta all�ambiente 3. Sulla parete vi sono 3 buche di palo ed un foro circolare in cui passava un grosso incessante flusso d�acqua.

Al livello pi� alto troviamo un grande arco , forse fungente da acquedotto data l�imponente altezza e la presenza del foro circolare posto sotto l�arco.

 L�intento di questo e, spero, altri articoli, � quello di considerare quella che chiamo �l�altra Lungro�. Tanto di cappello alle bellezze architettoniche quali la studiatissima Cattedrale, ma coloro che parlano e parlano di turismo devono ampliare la memoria storica: l�Abbazia �S.Maria de fontibus �, il castello medievale, la salina. Non solo Arb�ria, dunque.