DISCORSO DI ANGELO MASCI

4^ parte

 

C A P. II.

Colpo d'occhio sull'istoria degli Albanesi.

Sarebbe fuori della nostra idea, e della stretta circonferenza di questo discorso, di tediare il lettore con notizie involute nelle tenebre dell'antichità: una rapida scorsa su di quanto ci han tramandato gli Scrittori più celebri basterà per adempire all'oggetto proposto.

Strabone (1) riferisce, che Teopompo noverava 14 nazioni degli Epiroti; e poi man mano le specifica, cioè i Caoni, i Molossi, i Tesproti (2), gli Amfìlochi, gli Atamani, (tra i quali vi erano gli Oricj), gli Etici, i Tinfei, gli Oresti, i Parorei, gli Atitani (3), i Talari, i Pelagoni, gli Emilioti, i Perrebi(4). « Alcune di queste (soggiunge l'istesso Strabone) (5)  sono con maggior fondamento attribuite alla Macedonia; altre si appressano più al golfo jonico . . . . A queste nazioni poi trovansi mischiate le genti Illiriche, che sono gite nelle  

 

  (1) Lib. 7. circa fin.

  (2) Ib.

  (3) Ibid. più sotto.

  (4) Lib. 9. circa fin.

  (5) Lib. 7. circa fin.  

 

montagne verso la Regione australe, e sul Jonio. Difatti sopra Epidamno, o sia Durazzo, c sopra Apollonia hanno le loro sedi i Eullioni, i Teilazj, i Parthini, e i Brigi, sino ai Monti Cerauni . .. . Presso a questi i Lincesti, i Deuriopi, Pelagonia di Tripoli, i Leordi, Limia, ed Eratira.

Ciascun di questi luoghi era per lo passato molto potente; e de' medesimi, negli Enchelij, furono signori  i discendenti di Cadmo, e d' Armonia, e le cose favolose, che si raccontano di loro, si possono quivi vedcre. Gl'istessi luoghi però non tutti aveano Signori nativi del paese, ma i Lincesti furono sotto Arrabeo, che era della stirpe de' Bacchiadi. Di costui fu Nepote) per la figliuola) la Madre di Filippo d'Aminta figliuolo di Euridice; ed Irra fu figlia. Fra gli Epiroti i Molossi o furono sotto a Pirro Neoptolemo, figliuolo d'Achille, e sotto i suoi discendenti, ch'erano di Tessaglia. Ma le altre genti di quella Nazione venivano governate  da indigeni. Essendosi poi andato sempre usurpando qualche cosa dai Vincitori, tutto si ridusse sotto la signoria de' Macedoni; eccetto però i luoghi situati sul Golfo Jonico » (difatti il Regno de' Pirridi sopra i Molossi, i Tesproti eco si mantenne salvo ).

Egualmente che valevan molto in potenza le mentovate Popolazioni, prima che dai Macedoni fossero soggiogate, godevano altresì di una ben istituita civilizzazione, e di un' ottima coltura. Di ciò ne fa chiara testimonianza Plutarco(1), mentre fra gli antichi Re d'Epiro annovera Tarrita, e dice, che costui ornate avendo le

 

    (1) Nella vita di Pirro in Prine.

 

Città di costumi Greci, di lettere, e di leggi soavi, ed umane, si rese famoso. Ora Tarrita visse quattro generazioni prima di Pirro (quel celebre Re di Epiro, che fiorì poco dopo di Alessandro il Grande, e che venne in Italia contro i Romani); è dunque da credere che nei tempi di Pirro la civilizzazione in quei Paesi era perfetta.

La desolazione incominciata dai Macedoni, come si è detto, sopra i luoghi dell' IIlirico, e dell'Epiro, che non erano compresi nel Regno de' Pirridi, venne col tempo ad introdursi anche in questo: un'accidente ne diede la causa, e Pausania lo rapporta(1): « le cose dei Tesproti nell'Epiro erano andate in rovina, per esser eglino senza Principe: perciocchè Deidemia figlia di Pirro (pronipote del celebre Pirro indicato di sopra)  non ebbe figliuoli. Onde quando ella fu sul morire diede al Popolo la cura del Regno... Ora tosto che gli Epiroti rimasero senza Re, il Popolo cominciò non solo a portarsi superbamente, ed insolentemente nelle altre cose, ma anche a sprezzare, e temere poco dell' autorità de' Magistrati. Quindi gl'IIlirj, che abitano sopra l'Epiro lungo il Mare jonio, con un'improviso assalto li soggiogarono. Veramente non altri che gli Ateniesi sappiam noi di essersi aumentati nello stato popolare; ma gli Ateniesi son pervenuti a molta potenza, sì perchè han superati gli altri Greci nel sapere, e nella scienza economica, si ancora perchè sono stati obbedientissimi alle leggi.

Ma non cessarono quì i mali degli Albanesi. Le armi Romane han finito di rovinare quelle Regioni. È notabile

 

     (1) In Messanica in fin.

 

su di tal particolare un passo di Strabone(1), che merita di esser rapportato: « Nei secoli passati adunque molte di queste genti, benchè fossero piccole, ed ignobili, nondimeno per l'eccellenza degl'Uomini govcrnandosi da se stessi, non era molto difficile il distinguere i loro confini. Ma ora essendo il Paese per la maggior parte deserto, ed i Villaggi, e le Città distrutte, con tutta la diligenza che l'uomo possa usare, niente profitterà, attesa l'ignobilità, e distruzione de' luoghi, la quale avendo avuto principio già da lungo tempo, non è ancora cessata in molte parti per le ribellioni de' Popoli; anzi i Romani hanno gli Eserciti in casa loro, posciachè da essi stessi sono stati fatti padroni. Polibio dice, che Paolo Emilio demolì dalle fondamenta 70 città degli Epiroti, dopo vinti i Macedoni, e Perseo, (delle quali Città la maggior parte erano dei Molossi), e che ne menò prigioni 150mila uomini... Ne' tempi scorsi, come ho detto, l'Epiro, e l'Illirico, benchè aspri, e pieni di monti (il Tamaro, il Poliano, ed altri assai), contavan nondimeno una immensa popolazione; ora però in gran parte regna la solitudine, e si abita in piccioli villaggi, e tra i rottami. »

Contestano tutto ciò anche Lucano(2), e Scilace(3); osicchè non resta luogo da dubitare.

Ma non delI'istessa maniera la Macedonia è caduta

 

 

  (1) Lib. 7. circa fin.

  (2) Lib. 3. . . Et vagus altis

             Dispersus silvis Athamas.

  (3) In Periplo: « Post Cassiopiam gens Molossorum est, qui et ipsi viicatim habitant. »

 

così presto nella nuova barbarie: siccome la civilizzazione avea fatti gran passi sotto un Regno ben lungo, nè molto avea sofferto dopo l'invasione de' Romani, così nei tempi degl'Imperatori vediamo città fioritissime in quei luoghi. Livio dice(1) «Tertia regio (Macedoniae) nobiles urbes Edessam, et Beroeam, et PeiIam habet. » E Strabone parlando di Tessalonica(2), si esprime in questi termini: «Thessalonicam oppidum Macedonum, quae supra caeteras hujus aetatis urbes

eximia civilitate floret.

Dopo che l'impero Romano sottopose tutto al suo giogo, quelle regioni soffrirono l'istesse vicende che la Grecia; e per conseguenza sarebbe inutile di applicarci ad accennar cosa della loro istoria; tantoppiù che pe 'l corso di più secoli gli spiriti umani da altro non furono occupati che dalle questioni religiose; nel che l'Illirico, e la Macedonia ebbero la loro parte, essendo sempre rimaste attaccate al Patriarcato di Roma(3).

Dopo le grandi scosse ricevute dall'impero di Costantinopoli, e nella decadenza di questo, alcune provincie, delle quali stiamo parlando, si vedono sottomesse ai nostri Sovrani; altre scorgonsi sotto il dominio di Potentati di non piccola considerazione; ed altre finalmente le osserviamo assolutamente libere.

Difatti per ciò che tocca le prime, si sanno le conquiste di Roberto Guiscardo sopra l' Arta, Durazzo, Casto-

 

  (1) Lib. 55. p. m. 306.

  (2) Lib. 7

  (3) Rodotà del Rito Greco in Italia lib. 3. Cap. 1. §. 3., et seqq. raccoglie tutte le autorità concernenti a tal punto.

 

ria ec.(1). Ruggiero I dopo la morte di Boemondo suo fratello non solo continuò a signoreggiare in quelle provincie, ma estese di più il dominio(2). Guglielmo I fece l'istesso(3). Carlo I d'Angiò agli antichi dritti aggiunse le ragioni derivanti dal matrimonio tra Filippo suo figlio, e la figlia di Balduino II Imp. di Costantinopoli spogliato del regno da Michele Paleologo(4). Finalmentc Carlo III di Durazzo assiso al trono di Napoli vi unì i principati ereditari, che avea in ALbania, ed in Morea (5).

Tra i Potentati poi si annoverano parecchi, i quali han fatta figura non indifferente nell' istoria delle nazioni. I Comneni della schiatta imperiale, che dominarono Durazzo, Vallona ecc.; i Tocchi, Despoti dell'Epiro; i Castrioti Signori di Emazia, e di Castoria; finalmente i Duchi di Jannina, e Signori di Etolia, meritano tutti un'attenzione particolare. De Comneni, e de Tocchi abbiamo più memorie negli scrittori del regno di Napoli (6). Dei Duchi di Jannina, e Signori di Etolia parla Du-Change(7); e sembrami, che siano gl'istessi che

 

  (1) Oderic. Vital. Hist. Ecel. lib. 3. et 7.

        Coleo. Compend. Ist. di Napoli.

  (2) Coleo. loc. cit.

        Sigon. deRegno Ital. lib. II.

  (3) Coleo. loc. cif.

        Baron. ad an. 1197.

  (4) Costanz. lib. 1.

  (5) Costanz. lib. 4.

        Giannon. Isl. Civ. lib. 23. in prin., e cap. ult.

  (6) Rodotà del Rito Greco inItal. lib. 3. Cap. 2. n. 3.

  (7) Famil. Dalmatichae, Sclavonichae, Turcichae ec. Cap. 15.

 

quei, de' quali fa degna menzione Pachimere(1) servendosi di queste espressioni: « Avea (Michele Paleologo) anche un figlio spurio di nome Giovanni, il quale tenea sotto di se forze non disprezzevoli. Costui, per avere sposata la figlia di Tarona, era Dinasta di  un popolo ben numeroso; ed avendo eserciti egregi, ed essendo egli stesso peritissimo dell'atte militare,  era per se solo idoneo a far qualunque tentativo per via della guerra, e ad intraprendere qualsivoglia conquista.. Avea difatti composto l'esercito di gente a lui soggetta, che un tempo, greca di origine e di nome, avea militato sotto Achille; ed ora si chiamano Megalo-blachiti (2). De' Castrioti non vi è Scrittore, che non parli(3); e specialmente della gesta di Giorgio Castriota, o sia Scandcrbegh, n'è piena l'istoria. Costui avendo riportate 23 vittorie contro Amurat Il, e Maomet II , si è reso immortale nella memoria de' popoli (4). Di quest'uomo celebre noi avremo occasione di discorrerne più appresso, quando parleremo della venuta degli Albanesi nel regno.

Per i paesi liberi è a proposito di riportare quanto  

 

    (1) Hislor.lib. 1. Cap. 30.

  (2) De Megalo-blachili fan menzione anche, Niceta in Blandruino Flandro p. 313. Basil., l'Acropolita Histor. sect.15. p. 23., el sect. 38. p. 33. edit. Reg. Anna Commena ec., i quali lutti situano questa gente nelle montagne della Tessaglia. Ma questi montanari della Tessaglia sono appunto quei che Cantacuzeno chiama Albani, siccome più sotto si dirà.

 (3) Du-Change loc. cit. Cap. 18. "Costantinus Castriotus, cognomento Mescrechus, Aematiae, et Castoriae Principes, vel dominus,  memoratur a Flavio Comneno, qui eum obiisse eit an. 1390. Hujus filius Gcurgius Castriotus. Hujus fìlius Johannes Castriotus pater Scanderbcghi.

   (4) V. Barlezio, Enca Silvio, Filelfo; cd infiniti altri.

 

dicono Pachimere, e Cantacuzeno. Pachimere nelle gesta di Michele Paleologo(1) dice: «Alcuni IIliri, scosso il giogo dell'Imperatore, governandosi da per sè, e stando nei contorni di Durazzo già distrutta dai tremuoti (2) : dopo averla ristaurata, ivi stabilirono una colonia, che venne anche aumentata da altri concorrenti vicini; e si confederarono col Re Carlo (d'Angiò) , che occupava la prossima fortezza di Canina. Cantacuzeno poi si esprime così: « Sirgianni (nei tempi di » Andronico Il ) traversando i Locri, e gli Acarnani, si rifuggiò presso gli Albani, i quali abitano circa la  Tessaglia, sono uomini agresti, ed addetti alla pastorizia, e vivono colle proprie leggi(3). « Ed altrove, istesso autore dice(4): «mentre l'Imperatore era nella Tessaglia, gli Albani, che riseggono nelle montagne di quella regione, e vivono senza Re, chiamandosi Malacasi, e Bovii, e Massareti dal nome dei loro condottieri, nel num. di 12mila vennero a tributargli ossequii; poichè temevano non esser distrutti dai Romani durante l'inverno; di fatti non abitando veruna Città; ma in luoghi montuosi, e scoscesi, pensavano poter essere facilmente oppressi in quelle montagne altissime per il freddo, e per le nevi.

Dopo la presa di Costantinopoli la Potenza Ottomana ingojò tutto; malgrado però la generale desolazione sparsa in tutte quelle regioni, i paesi liberi, de' quali abbiam fatta menzione, si mantennero, come tuttavia si  

 

    (1) Lib. 6. Cap. 32.

 (2) Si noti, che l'istesso Pachimere poco più prima lib.5. cap. 7. avea chiamati col nome di Albani questi che ora chiama IIliri, i quali stavano nei contorni di Durazzo.

   (3) Lib, 2. cap. 24. 

   (4) ib. cap. 28.