ORAZIONE FUNEBRE

ALLA MEMORIA

DI MONSIGNOR DE MARCHIS

VESCOVO DI TIBEROPOLI

PER

GABRIELE FREGA

RECITATA NELLA CHIESA DI LUNGRO

IL DÌ 10 GIUGNO DEL 1858

NAPOLI 1858

 

Parte 2^

 

I tempi procellosi della rivoluzione francese erano svaniti; l'umanità respirava e l'Oceano commosso faceva appena qua e là sentire il rumore de' suoi fiotti, quando D. Gabriele De Marchis, dietro brillante concorso, veniva proclamato Arciprete della Parrocchia di Lungro; veniva ad occupare quel posto dove avea sfolgorato il suo maestro.

Chi può. dire, o Signori, le virtù ch' egli spiegò in questa novella carriera? Che valgono le parole dove parlano i fatti '? -  A. voi mi appello, o miei onorevoli concittadini; a voi, testimoni de' pregi che lo distinsero. Il vostro padre, il vostro consolatore , il vostro Ministro di Dio, il consolatore degl'infelici, il purificatore delle vostre coscienze non era l'illustre defunto? - Oh, se potessi raccogliere le lagrime di tanti sventurati asciugate dalla sua mano paterna;: se potessi raccogliere il pianto versato sulla sua morte, le speranze confortate,. i timori dileguati, le benedizioni, io porrei sulla sua fronte il più nobile diadema che fosse mai rifulso sulla terra!

È quì, o Signori, che apparisce tutta, fa potenza del cuore e della mente di De Marchis; è qui che voi ammirate il sommo filosofo, il grande teologo, ed il profondo moralista. Se nella gio-

 

   (1) Nella chiesa Matrice di Lungro in bellissimi, marmi. ai due lati della porta Maggiore, nella grande navata, si leggono le iscrizioni funebri dell' Arciprete Damis e del Vescovo De Marchis.

 

vinezza l'avete veduto combattere vigorosamente per la fede, oro lo vedrete rivolgere tutte le forze dello spirito all' edificazione dì essa. Non cerca la pompa dell’ingegno; non cerca la vanita; ma riunisce i tesori della mente e del cuore per fruttificare nelle anime il timore di Dio. Egli pensa come operare il bene, e non altro che il bene, pensa che Iddio non ci diede la vita per noi soli, ma per soccorrere il nostro simile; che la vita che si spende in questo modo è la vita santa, è la vita degli eletti, è la vita degli apostoli e de' ministri di Dio; che la grandezza umana non si rialza che sulla abnegazione della propria individualità.

Questa abnegazione di sè stesso ~ e questa unificazione col bene partivano da due sorgenti in lui. Una fede fervida che Dio gli area concesso a preferenza, ed una intelligenza operosa, profonda che gli rivelava essere vera quella scienza ch'è identificata con la vita (1). Questa unificazione, o Signori, facea sparire la sua individualità, e le imperfezioni umane, e lasciava trasparire in lui la vera imagine di Cristo che abbracciava nella sua figura l'amore universale. Questa figura, prima de' nostri tempi, appariva in Socrate; il sommo filosofo era assorbito dal sommo cittadino; e nel nostro Prelato il sommo teologo e filosofo era assorbito dal sommo Cristiano, e dal sommo Sacerdote. - Per compiere questa grande idea della sua persona, egli incominciò a rendere verità le grandi rivelazioni della mente. Il suo sentimento ed entusiasmo religioso si tramutava in fatto, e per giungere a quest'altezza, avea profondamente meditato, che il ministro di Dio, dev'egli il primo offrirsi modello di virtù cristiane; sciogliersi da tutti gl' interessi mondani; abnegare ogni idea che sia estranea alla Religione; chiudersi tutto nell' Amore dell'Ente Supremo ch'è principio e fonte d'ogni perfettibilità.

Questa verità era così profondamente radicata nel cuore del defunto, la pose talmente in atto, che non era cosa che poteva rimuoverlo da questa situazione. Quest'amore non lo abbandonò, mai. neppure quando ascese al Vescovato ~ in modo tale che si

 

 (1) Quest'idea rifulge potentemente nelle iscrizioni funebri di D. Saverio De Marchis; modelli di bellezza e semplicità greca; profumo biblico e cristiano; tesoro inesauribile di pensieri grandi e sublimi. Io mando il lettore a gustare il bello di questo componimento nell'originale, poiché temo di attenuare l'impressione che mi ha prodotto.

 

trovava sempre estraneo a mischiarsi a quel contrasto e tumulto d' interessi mondani, che annunziano sovente un' anima gretta, e richieggono un' altitudine diversa, e sono sempre indecorose e vietate al carattere dell’ecclesiastico. É a dolersi per questa parte che la più bella virtù del nostro Prelato non è stata scorta da tutti; la cecità e l'ignoranza lo fece paragonare a certi idoli del giorno, che in nessun modo lo somigliavano; ma ingiustamente. e senza un'analisi profonda della verità e del carattere del ministro di Dio. Un ministro di Dio non dev'essere nè un Colbert, nè un Say , nè un Smit , e quando di un Vescovo volete farmi un gran finanziere, o un gran fabbricator di carta monetata comme Luw, oh, date allora un'addio alla morale, un' addio alla religione, un addio alla santità de' costumi! E questa verità è così ovvia, o signori, che i più grandi pubblicisti moderni hanno unanimemente rilevato, insegnato e professato.

Quest'individuo non conosceva la moneta, non conosceva i negozi, non conosceva i partiti o i tumulti del mondo. Si era chiuso nell'amore di Dio, vivea in Dio, ed ispirava l’amore di Dio alle anime che governava. Si era elevato nella regione pura delle credenze eterne d'ell'umanità; si era collocato al di sopra di tutt'i rumori e di tutte le querele, e non rifletteva che la purità della religione, l' armonia dell'universo e la bellezza dell'intelligenza suprema. A lui si potevano alludere quelle parole. dell'Ecclesiaste; Ambulavit pes meus iter rectum a juventute mea; zelatus sum bonum, et venter meus conturbatus est (1).

Questo principio operativo, infatigabile nella sua vita, lo avea reso modello rosi perfetto di virtù cristiane che non avea uguali. Era tale la riverenza che ispirava il suo carattere, che alla sua apparizione ti richiamava tutte le forze dello spirito ad un sacro raccoglimento. Avea la dolcezza e l'ingenuità di un fanciullo; ma qual rispetto non imponeva egli animi più perversi? Chi di noi, o signori, non sentiva riverenti le ginocchia e i polsi alla sua presenza? Non la grandezza, non la ricchezza, non la scienza operava quel prodigio; era la sublimità del suo carattere; era il verace ministro di Dio, di quel Dio che arrestava il corso di Alessandro sulle sponde del Granico e lo prostrava riverente al sa-

 

(1) Cap. 31 vers. 20 e seg.

  

cerdote di Gerusalem; era l’ombra del Profeta che alle porte di Roma atterriva Attila alla testa di cento mila combattenti. Si, o signori, quell'uomo, senza grandezza, atterrava ai suoi piedi le grandezze umane!

Questa vita di sacrifizi e di abnegazione santificava la sua persona, santificava la sua scienza. Da questo abbassamento di se stesso egli si rialzava, come la grande imagine del Nazzareno, e nel simbolo della Croce imponeva alle passioni selvagge, riottose dell'uomo. Da quest'altezza morale la sua parola scendeva desiata, feconda, venerata. La famiglia umana si abbeverava di quella manna celeste che portava la vita nelle più segrete fibre del cuore. Oh, come si correva a sentirlo! Come l'uomo della colpa si prostrava ai suoi piedi, e sorgeva rigenerato, fermo di non più ritornare sul lubrico sentiero del delitto! Quale dolcezza nella pace domestica! Quale intenso amore non legava i fratelli, i padri, i ricchi, i poveri? Si direbbe che una gente intera pendeva dal labbro di un uomo. Qual compenso più grande, più sublime di questo? Quell'uomo che poteva, come Dio, esclamare! Questa felicità mi appartiene! È mia la sorgente che forma tante anime beate! È mia la parola che feconda tanti cuori! Oh, quell'uomo, ch'elevato a quel posto, avrebbe potuto battere col piede la terra e far scaturire tesori di ricchezza, quell'uomo non faceva scaturire che amore, felicità, benessere? Quell'uomo che avrebbe potuto chiudersi nel suo egoismo e non pensare che a se, quell'uomo non pensava che alla felicità degli altri? - Ministri di Dio, specchia te in lui la potenza e la grandezza della vostra missione; confessate che voi sedete alla cima del benessere sociale; ma confessate ancora, che quanto più le vostre funzioni sono sublimi, tanto più siete risponsabili al cospetto della Divinità!

Questa grande manifestazione del bene, in persona di De Marchis, veniva riflessa dal lume della scienza, che possedeva immensa, profonda, la scienza di Dio (1). La mente e il cuore si armonizzava in lui per produrre quel bene che separati non pro-

 

(1) Monsignor de Marchis era il più gran teologo de' nostri tempi; ma non entro nelle discussioni della scienza, poichè, ne' ministri di Dio, io non guardo che la grande manifestazione della vita pratica, della vita di Cristo, e massime quando si parla dinanzi agli altari, la Suprema legge, non è la scienza, ma la carità evangelica.

 

ducono che vanità e fanatismo. - Che cosa è la scienza senza il bene? E’vanità, o signori; è quel che dice L’Ecclesiaste: Vanitas vanitatis etl omnia vanitas (1), - E che cosa è il cuore senza il lume della mente? È quella bontà che può facilmente degenerare in fanatismo. in violenza, e in altre debolezze, di cui piena è fa storia. Egli operava; ma col lume della scienza. La scienza regolava quella pienezza di vita che Dio gli avea santificata fin nelle viscere della madre.

Con quanta bontà, con quanta dolcezza accoglieva, i peccatori! Un raggio di speranza che balenava su quelle fronti, una lagrima. ed essi venivano a buttarsi sulle braccia di quell’uomo, certi di ricevere il lavacro della purificazione, e di veder scendere su di loro la grazia divina. Quante volte la sua mano innocente e benefica strinse la mano callosa del delitto! Quante anime guadagnate! Quanti delitti risparmiati! Quante volte si rinnovò a lui la scena dell'Innominato! – Il vero zelo non opera che per mezzo della dolcezza e della persuasione; il buon pastore cerca l'agnella smarrita e la riconduce sulle proprie spalle. Il Salvatore del Mondo esclamava: Io non venni per perdere i peccatori; ma per salvarli.

Questa virtù che aveva. o signori, di ricondurre le anime traviate in seno della Chiesa. operava dall'altra parte provvidamente in quelle anime, nelle quali l’entusiasmo religioso- poteva degenerare in fanatismo. Il falso zelo ha fatto più male che la stessa empietà. IL fanatismo è stato quello che ha aperto le piaghe in grembo della religione. La vigna del Signore si vide sradicata da quelli stessi che si professavano suoi ministri. Egli insegnava una religione, pura, divina, evangelica, evangelica; egli apportava la calma e il refrigerio nelle anime; apportava quella rugiada benefica che feconda e non distrugge.

Chi può misurare il bene. o signori. che ha prodotto quest'uomo? La sua parola penetrava ne' cuori e ne' palagi; la sua carità penetrava nel tugurio de' poveri e degl'infelici; la sua persona si aggirava invisibile in mezzo ad una popolazione intera; preveniva i nostri desideri; preveniva le nostre passioni; purificava i nostri pensieri. Era l'ombra del padre che segue l' orma

 

(1) Ecles. 1. 2.

 

de' figli; era la Provvidenza che veglia sulle opere dell' uomo, Oh, la grand'anima del De Marchis, che si chiudeva nell' amore dei suoi simili, ed abbracciava l'universo! Ad ogni movimento del suo animo sentiva un' eco nell' immensa natura che benediva le sue opere!

I veri sapienti, o signori, non sono i Pitt, non sono i Fox, nè i Wellington; ma sono quelli che hanno prodotto un bene reale all'umanità. Non si edifica distruggendo, ma si edifica corroborando gli animi nell' amore di Dio; non si edifica acquistando un palmo di terreno; ma spargendo i semi della carità, La marea del Tempo, presto o tardi, viene e distrugge gli artifizi della mente umana; ma rispetta la navicella della fede, su cui stà aperto l' occhio vigile della Provvidenza, Il tempo ha distrutto i grandi sistemi de' filosofi, ed i grandi progetti degli uomini di stato; ma ha rispettato l’arboscello piantato nel terreno della carità!  

Si, o signori, il tempo tutto ha distrutto, scienza, gloria,  politica, ricchezza; avvolse nel suo turbine ogni grandezza umana; spazzò la polve e la disperse ai venti; pompe, dignità, corone, monumenti, imperi inabissò nell'onda de' secoli; li disperse come gli avanzi di un naufragio in regioni incognite, in liti sconosciuti; appena si ascolta un lieve rumore, un'eco fievole; appena si conoscono le fisonomie che hanno figurato; appella si odono i nomi; passarono come larve sulla faccia del creato, Tutto si è ingoiato nel mare dell’eternità, Da quelle sponde spaventevoli non s'ode che la voce di Salomone: “Io divenni il più grande della terra; ho superato tutti quelli che mi hanno preceduto in gloria e in sapienza; ma in tutto questo non ho conosciuto che vanità ed afflizione (1), Gran Dio, questa parola è terribile! Come suona tremenda nel mare del tempo, nella vallea delle, miserie umane! -Che dunque rimane mi direte voi? -Che rimane o signori? - La carità, la carità solo! Non ravvisate voi su quel tumulo ravvolte le insegne mortali? - L' uomo che le cingeva è sparito; ma non disparve il bene ch'egli ha operato tra voi; non disparve perchè il bene non si perderà in eterno. Egli lo troverà al cospetto di Dio e degli uomini, come la trovò oggi, che tra le pompe della religione, magnificate la bontà e la grandezza del suo cuore!

 

(1) Ecce magnus effectus cum, et pracccssi omnes sapientia qui fuerunt ante me... tt agnovi quod in his quoque esset labor et afflictio spiritus, Eccles. 1. 16 17.