ORAZIONE FUNEBRE

ALLA MEMORIA

DI MONSIGNOR DE MARCHIS

VESCOVO DI TIBEROPOLI

PER

GABRIELE FREGA

RECITATA NELLA CHIESA DI LUNGRO

IL DÌ 10 GIUGNO DEL 1858

NAPOLI 1858

 

La fede, la personificazione del bene

La consacrazione della carità.

 

Chi potea dire, o Signori. che io dovea tessere l'elogio al nostro venerando Prelato? Chi potea presagire al mio cuore ch'era a me riserbato un sì nobile e pietoso ufficio? Chi potea mai predirmi che un giorno dovea inalzare la voce là, su quella tomba. all'illustre successore di cinque Vescovi, e intrecciare sulla sua fronte una corona di stelle immortali ? -Pieno di stupore domando a me stesso: Chi son io? Chi mi appella a sì grave e difficile incarico?... Ma tra le perplessità del mio animo sento una voce che mi grida nel segreto del cuore: Adempi al tuo dovere; compi la tua missione! - Iddio slanciava attorno al sole una miriade di atomi luminosi per cantare le sue lodi; donava alle sorgenti limpide onde per rinfrescare le arse fauci e poi restituirle tributarie al grande Oceano; insegnava il canto all' uccello per sciogliere un inno di gloria al Creatore dell'Universo; così tu pure, nutrito dalla parola di questo Venerabile Prelato, educato sotto gli auspici del suo glorioso Vescovato (1), confortato dal cibo celeste ch'ei ti porgeva dal1e sue labbra, testimone del1e sue grandi virtù, sei tratto ora da una forza irresistibile attorno alla sua tomba per ripetere quelle lodi che tu hai inteso narrare dai tuoi padri; per decantare quella pietà che tu hai veduto co' propri occhi; per ripetere quelle benedizioni che migliaia di uomini a lui mandarono prima di noi, e che ora ripetete voi, ora, ch' è sparito per sempre dalla terra.

Gran Dio. i tuoi decreti sono imprescrutabili! Tu, che come farfalla mi strascini attorno alla bara di questa vittima immensa; Tu, spira al petto mio celesti ardori; Tu sorreggi le mie forze, rischiara la mia mente e additami il cammino, onde questa Grand'Anima, compiendo il suo corso sulla Terra, ritornava al tuo seno con 1a palma del trionfo e con la gloria degli Eletti!

   (1) L'autore compiva la sua prima educazione letteraria sotto il Vescovato di Monsignor De Marchis.

 

II

 

Non posso dissimulare, o Signori, i miei tremori e la deficienza delle mie forze, quando mi fo a dirvi da quale altezza io debbo gettare lo sguardo per comprendere l'immenso corso della vita di quest'uomo. Essa mi sembra come la quercia secolare. Sradicata dal tempo, appena noi possiamo misurare 1'immensità e la vastità della sua caduta. Cresciuta in mezzo agli uragani ed alle tempeste stendeva fino a noi i rami e ci copriva dalle intemperie. Sì, o Signori, come la quercia secolare, era la virtù dell'onorevole Prelato; Iddio, fin dal suo nascere, l'avea prescelto come campione della fede a conforto dell'umanità languente. Portava scolpito in fronte questo suggello quasi infallibile della sua predestinazione. Vi sono degli esseri che sono la imagine visibile della Divinità sulla terra. Non cercate la cagione, non cercate l'origine essa è occulta. Chi potrà dirmi l'origine delle acque dell'oceano, delle arene del deserto, di questi firmamenti che ci covrono con le volte seminate di stelle? -È nella mente di Dio, è nel pensiero increato dell'Eterno! - Saprete voi indicarmi le sorgenti del canto del Genio che riempie il mondo di celesti melodie; saprete indicarmi le sorgenti del vero che raddrizza le nostre tendenze; saprete indicarmi le sorgenti della fede de' Martiri che hanno edificato la 'Chiesa de' nostri padri? Ebbene, o Signori, queste sono delle verità infallibili; sono le basi incrollabili su cui poggia l'Umanità, sorretta per opera e virtù di pochi individui che si elevano come fari luminosi nell'oceano della vita, e additano alle generazioni il cammino in mezzo alle bufere ed alle tempeste del Mondo. Ma queste verità stanno nascoste ne' disegni della Prevvidenza, e non si rilevano a noi che per gli effetti e nella forza del sentimento. Così io non saprei indicarvi le sorgenti onde l'anima del defunto dovea tutta circocriversi nella grande cerchia del bene; dovea compiere e consumare tutte le sue forze per l'umanità e per la Religione. Nipote di due Vescovi (1) i quali si erano resi esemplari per la pietà e per la religione; rampollo dì distinti personaggi (2) che figurarono in diverse volte nella sua famiglia, egli usciva quasi come un raggio luminoso dal centro di un sole per riepilogare tutta la virtù degli avi e renderla più luminosa.

Il Genio delle grandi virtù, o Signori, talvolta e riposto nel sello delle famiglie. E' là il seme di quelle grandi individualità la cui comparsa spesse volte ha reso attonito il mondo.

Questi erano gli auspici, ond'ei traeva i suoi natali; questi erano i semi occulti che doveano armonizzarsi tra di loro e produrre la più bella anima che avea sfolgorato in una nobile prosapia e fregiata delle più eminenti virtù - Quel che si può dire di lui è ciò che diceva il Profeta: "Egli era nato per l'umore degli uomini da una stirpe illustre; le sue viscere fin dall'utero della madre si commossero alle miserie de' suoi fratelli e disse, io camminerò nelle vie del Signore; io vi solleverò dai vostri affanni."

E vedete, o Signori, qual'altro enigma si nasconde in quest'uomo che la Provvidenza avea quasi destinato il tempo e l'ora della sua comparsa nella scena del mondo.

 

 (1) D. Gabriele de Marchis Vescovo di Sora, e assistente nl soglio Pontificio di Benedetto XIII.

       D. Nicolò de Marchis Vescovo di Nemesi onorato da Clemente XI delle più alte missioni.

 (2) D. Diego De Marchis interpetre de' libri greci, e bibliotecario del Vaticano, Mori nel Castel Gandolfo di      anni 21, e il Papa Clemente Xl andò di persona a dargli l'assoluzione in punto di morte!Esistono di lui diverse operette in greco e latino.

D. Franeesco De Marchis, Protonotario Apostolico, era destinato alla Prelatura - Morì in Roma il 1728.

D. Abramo De Marchis seniure, avo del defunto, fu gran teologo e filosofo, ed Arciprete di questo Comune, e l'altro D, Abramo De Marchis juniore, fu uno de' primi filosofi, giureconsulti e letterati del suo tempo.

 

Egli schiudeva i lumi in sul tramonto del secolo revoluto nel 775 - In quell'epoca, sepolti, come in una fornace, fermentavano, tutti gli elementi di un' Era novella, terribile. Egli compariva sul limitare del grande scoppio politico-morale-religioso del secolo XVIII - Giovinetto ancora, udia da lungi il rumoreggiare del tuono e della tempesta; i fluiti minacciosi, come idre, inveivano l'arca della fede; l'umani là naufragava nella perigliosa lotta del secolo miscredente. Alla vista di quei grandi avvenimenti che si aprivano al cospetto dell'Europa, come le voragini del mare, al bagliore de' lampi, ei rimase attonito. Un negro velo si tendeva sulla Croce e su gli altari; l'ira di Dio soffiava sulla terra, come su i campi di battaglia; funeree, palpitanti si elevavano le onde de' secoli come lenzuoli su i pallidi volti de' moribondi.- Era il fumo che usciva dagli abissi, secondo l'Apocalisse (1), e invadeva il mondo tra le nebbie dell'errore e dell'eresia, e tra quelle dense caligini, s'udìa la voce che s'intese tra i navigli di Tiberio: Gli Dei son morti! - Alla vista di tanto spettacolo sentì una voce nel cuore che lo chiamava al ministerio di Dio, ed ei prostrato su l'abisso delle onde che muggivano sotto ai suoi piedi, esclamò: - « Signore, rendimi degno a sì alte funzioni; spandi sul capo del tuo servo la divina grazia; sento i tempi che  mi chiamano al servigio della Chiesa ». Così disse, e con fervore si consacrò al culto del Dio d'Isdraele (2).

Oh, come l'anima giovinetta sorreggeva i cuori vacillanti!

 

(1) Cap. IX, verso 2, - Et aperuit puteum abyssi; ascendit fumus putei, sicut fumus fornacis Magnae. - Questo libro, ne' suoi misteri inestricabili, allude alle grandi eresie e miscredenze de' tempi ed alle vittorie della Chiesa. - L'Apocalisse sembra la vera profezia del secolo XVIII.

(2) Eeco alcuni particolari sulla sua vocazione nella carriera religiosa. Nel gabinetto di studio de' signori De Marchis si conservano tutt'i ritratti de' personaggi di famiglia, e che noi abbiamo segnati nelle note precedenti. Un'acuto osservatore non può fare a meno di portare l'attenzione al ritratto del defunto nella giovinezza; all'epoca ch'egli ascese al sacerdozio. Una fronte larga, prominente, incavate le tempie, l'occhio fervido, pietoso, scintillante; è una di quelle fìsonomie dipinte dallo Spagnoletto, e distinte nelle grandi missioni di Cristo; una di quelle fisonomie, di cui parla l'autore del Genio del Cristianesimo, nelle missioni del Nuovo Mondo. Giorni addietro entrando in quello Studio, ad un mio giovane amico, che sapeva il mio lavoro, feci segno col braccio dicendoli: La frenologia non è una scienza del tutto vana! Non è quella la fisonomia che io dipingeva nell' entusiasmo e nel fervor religioso?

  

Come rischiarava le menti stravolte dal turbine del tempo! -Era l'Angelo che Dio avea mandato sulle ali d'amore per ispirare sentimenti di conforto; era la colomba che ritornava col ramo d" ulivo nell'arca di Noè sorvolando su i flutti che aveano inghiottito il mondo|- E quest' Angelo, o Signori, questa colomba si nudriva sotto la grand'ala del suo maestro, dell'Apostolo di quei tempi, dell' Arciprete D. Domenico Damis.

Questi due esseri si compenetravano e riflettevano a vicenda una luce divina. Essi tendevano al nobile scopo di salvare il gregge a loro affidato dall'irruzione delle miscredenze, dall'eresie, e dall'ateismo. La voce di Damis, come quella di S. Paolo, risuonava nel cuore del giovane De Marchis: - I tempi sono calamitosi o figlio; questa è la voce di Dio e non degli uomini che ci chiama; Dei voces et non hominis esclamava l'Apostolo (1). Queste parole animavano di un santo zelo queste due anime degne de' tempi primitivi della Chiesa.

Oh com' era bello a vedere la canuta età e la fresca giovinezza stringersi in santa alleanza attorno all' arca del Signore! Infervorarsi e stringersi d'amore all'appressar della tempesta! Guardar da lungi l'aer nero ed i canuti flutti, e pieno di fervore tendere le palme al cielo nella terribile palestra!

I giorni del periglio erano venuti, o Signori, essi lottarono con energia, e nel fervor della mischia, Damis udì la voce del Signore che lo chiamava a se, ed ei prosteso sul letto d' infermità, stendeva il suo scarno braccio sul capo del De Marchis, e con l'occhio scintillante di profetica virtù, esclamava: « O giovine, stringi i tuoi lombi di fortezza; chiudi il tuo petto nella fede de' nostri padri, e non temere, la tua volontà è pura, il tuo cuore è sincero. Sento la voce di Dio che ti dice; - Io ti ho preso per la mano per trarti dall'estremità della terra; ti  ho chiamato dai luoghi più remoti; ti ho eletto, nè ti ho rigettato; non temere, perchè io sono con te (2). Và, combatti  e riporta il trionfo della fede.

Ed il De Marchis riportava il trionfo della fede, poiché questo Comune, sotto la sua guida, usciva illeso dall'empietà del secolo.

 

(1) S, Paol. Act, Apost, cap, XVI.

(2) Isaia. 41, 9, 10.

 

Questi due esseri sparirono. . . . nò, che dico? . . Essi sono con voi! - Apritevi, o Signori, rompete le vostre fila; lasciatemi vedere il fondo di questo tempio (1). O santi marmi, come biancheggiate nell'aer fosco di questa Chiesa! Come brillate di una luce purissima tra i canti e le melodie celesti! Io vi ravviso; io leggo quelle cifre che spuntano dal vostro bianco seno come la virtù dal seno dell'Eternità! Due angeli sostengono lo stemma del vostro trionfo, e la fama suona la tromba fra le più tarde generazioni. O santi nomi, voi soli siete scolpiti nel Tempio del Signore; voi soli splendete nel Tabernacolo di Dio; voi più non morrete; i secoli si piegheranno riverenti, e la vostra memoria si rinnoverà ogni giorno con la benedizione de' viventi!

 

(1) Nella chiesa Matrice di Lungro in bellissimi, marmi, ai due lati della porta Maggiore, nella grande navata, si leggono le iscrizioni funebri dell'Arciprete Damis e del Vescovo De Marchis.