DOMENICO DE MARCHIS

 

Parte 6^

 

 

 Breve cenno biografico delle persone, che illustrarono il Comune di Lungro per dignità e per dottrina.

 

D. Gabriele de Marchis Vescovo della diocesi di Sora, prelato domestico, ed assistente al soglio Pontificio di Benedetto XIII nasceva in Lungro nel 1662 da D. Carlo, e D. Vittoria Cortese, ambi delle più chiare famiglie del paese.

Nella tenera àtà di anni 13 fu ammesso a piazza franca nel collegio di S. Attanasio in Roma, eretto dal Pontefice Gregorio XIII 1. Compiuto il corso degli studii, ed insignito della laurea dottorale di teologia e filosofia, vennc prescelto ad insegnar lingua greca nel medesimo stabilimento, ma dopo due anni il Cardinal prefetto lo chiamava nel gran convitto di Propaganda fede, onde adempiere ivi allo stesso incarico. Ebbe l'onore della nomina di Revisore dei libri ecclesiastici, e quello d'interprete di quella fiorita Biblioteca.

Dopo non guari tempo, l'Eminentissimo Casinatta gli affidava il carco di comporre una grammatica, compendiando al possibile il metodo sin allora adoperato, ed egli dava per le stampe l'opera intitolata Compendiaria, et facilis ali linguam Grsecam manoductio. Romae 1696, Tipis Sacrae Congregat., de Propag. Fid., lavoro che con successo adottassi in quelle scuole.

Asceso alla suprema dignità di Sommo Gerarca il Cardinale Albani sotto il nome di Clemente XI, lo richiedeva ad emettere il suo parere "Su gli aromi richiesti nella lavanda degli Altari, e sulla origine della ammissione nei solenni Pontificali, di due greci Ecclesiastici per cantare l'Epistola, e l'Evangelo in greco".

Il Sovrano incarco venne adempito da de Marchis con piena soddisfazione, e gli spianò il cammino all'impiego d'interprete della lingua greca della biblioteca Vaticana, dietro brillante concorso sostenuto con erculea dottrina in pubblica adunanza.

Eran varcati appena pochi mesi, che Clemente XI premeva il soglio Pontificio, e destinava de Marchis ad aio ed istruttore dei suoi nipoti D. Carlo, D. Annibale, e D. Alessandro Albani, così che pel giro di anni 18 fuvvi astretto ad abitare nel palazzo di quella regnante famiglia. Per ben due volte accompagnò i suoi nobili allievi nei loro viaggi per l'Italia sino a Venezia, ed ebbe agio di legare amicizia coi letterati, che in quel tempo fiorivano nella penisola; e sono lusinghiere le lettere del Principe , e Principessa Albani, che gl'indirizzavano da Roma nel 27

ottobre 1708, e nell'11 maggio 1709, con le quali, quegli affettuosi genitori con espansione

di tenero affetto, gli raccomandavano i tre figli alle sue cure affidati.

Nel 1718 Clemente XI lo nominava Vescovo della Diocesi di Sora. Nell'anno 1725, chiamato ad intervenire ne1 Concilio romano, il Pontefìce Benedetto XIII lo fregiava dell'onore di Prelato domestico, assistente al soglio Pontificio, come desumesi dagli atti de1 medesimo contenuti in due volumi dati alla luce in Roma ex Tipografia Roccelli Bernabò.

Posto termine, al Concilio, il Papa con lettera a forma di breve portante la data di Roma "Apud Sanctun Petrum sub annulo Piscatoris 1725", concedeva a M. de Marchis la facoltà di eliggere otto cavalieri della Milizia Aurata, del pari che conferire la carica di Protonotaro Apostolico a persone di sua fiducia. Egli ne decorava vari dei suoi nepoti come appare dalle pergamene conservate in famiglia.

A compimento del presente cenno, stimo trascrivere, ciò ch'esprime il canonico di Sora D. Messio Tondi nella serie dei Vescovi Sorani stamp. in Rom. da P. Ferri nel 1730, pag. 94.

"Gabriel de Marchis Cassanensis Diocesis, graccanica acque, ac latina amplissime ornatus literatura: Clcmentis Papae XI intimus a quo meritorum intuitu, anno 1718 ad Soranam evectus Ecclesiam; eidcm hacternus aptissime praest. Hic sumptu, laboreque non modice Lyris aquas ad hydromylam suae Ecclesiae per viam rectam, obliqua exiccatu, utiliter traduxit. Synodo sub Benedicto XIII An. 1725 Romae interfuit, ubi Episcopus ad Pontificium Solium assistens creatus, statim ac in suam se recepit Ecclesiam. Canonicos cum beneficiatis propriae Cathedralis, nec non Collegiatarum Arpini, et Alberti spectabili insignivit Almutio, in cuius acceptione eodem anno Kal. Julii, ipso volente, Orationem ad populum habui. Collegiatarum pugnas cum cathcdrali super accessu ad processiones, et Pontificalia in opinione dubbia annos firme octoginta concussas, et in Sacra rituum Congregatione nonis decembris an. 1716 non omnino placatas, geminatis eiusdcm sacrae Congregationis quintodecimo Kal. Mar. an. 1727 et nono Kal. februari 1728 feliciter emanatis resolutionibus, ponitus extinxit. Suae Ecclesiac perturbata monumenta a confusionis caligine revocata, suisque restituta locis, in plures coegit libros, non amplius peritura. Sex Argcntea haud exiguae magnitudinis Candelabra; totidemque argenteas thecas pro Sanctorum reliquis com Cruce uniformi optime sculpta, Cathedrali elargitus est Ecclesiae, ad culius pariter ornatum, Palatiique Episcopalis fulcimentum, humilem eiusdem Palatii aditum, carcerem traducto, in ampliorem commutavit speciosissimam januam, ipsumque Episcopali Palatium in partibus labentibus restauravit, et auxit.  Ecclesias, et Aras in Civitate, et Dioecesi solemni dedicavit rito, quorum  memoria in Ioannelli Codice extitat immortalitati donata. Alia quoque praestantia gessit, majora facturas."

Questo insigne letterato passò nella pace del Signore ai 9 ottobre 1734 rimpianto dall'intera Diocesi da lui pcl giro di anni 16 santamente diretta con le pastorali sue cure.

D. Nicolò Demarchis Vescovo di Nemesi, Presidcntc del Collegio Corsini, ed abbate Commendatario di S. Benedetto Ullano, fratello germano di Monsignor Vescovo di Sora, ebbe al par di lui il vantaggio di ricevere la letteraria istruzione in Roma nel collegio di S. Attanasio. Asceso al Presbiterato, venne investito dal Pontefice Clemente XI dell'onorevole incarico di visitare da tratto in tratto le Comuni Albanesi site in Basilicata, e nell'ambito della nostra Provincia, allo scopo di osservare se il greco rito veniva professato nei termini della stretta Ortodossia. Il Cardinale Paolucci Segretario di Stato della S. Sede partecipava la volontà di Sua Beatitudine al Vescovo di Cassano M. De Magistris con breve del 14 giugno 1704.

Nel 1729 fu eletto arciprete di Lungro, e nel 1742 venne nominato Vescovo di Nemesi nel Collegio Pontificio Corsini, a cui si annodava il titolo della Commenda di S. Benedetto. Trapassava nel bacio del Signore nel 1756, dopo aver diretto con sommo zelo, e per anni 14 il Collegio affidato alle sue cure.

D. Gabriele Demarchis, nipote dci due Vescovi, di cui ho fatto cenno, nacquc in Lungro a 9 marzo 1775. Compiuto il corso degli studii sotto la poderosa scorta del fu arciprete Damis, ascese al Sacerdozio e si addisse al servizio della Chiesa con quel Santo fervore, che scalda il petto ai veri chiamati al ministero del Culto Divino. Nel 1822, dietro brillante concorso sostenuto con erculea dottrina, fu proclamato arciprete di quest'unica Parrocchia, ed il modo come si è interessato nel pascere il suo gregge colla predicazione, coll'amministrazione dei sagramenti, e col retto operare ai sensi del Tridentino, possono contestarlo tutti gli abitanti del Comune.

Nel 10 agosto 1833 fu eletto Presidente del Collegio, ed abbate Commendatario di S. Benedetto Ullano, ed ai 23 giugno 1834 venne elevato alla dignità di Vescovo di Tiberiopoli.

Della intemerata morale di questo Prelato, del pari che delle sue svariate conoscenze non è lecito a me d'interloquirne. Dopo la morte entra l'uomo nell' impero della Storia, ed il pubblico potrà allora giudicarlo senza riguardi.

Egli ha dato alla luce i seguenti lavori, Liturgia, ossia Messa di S. Giovanni Crisostomo letteralmente tradotta dal greco, e l'Interpretazioni delle cerimonie, e dei Misteri della Sacra Liturgia, lo scopo delle quali fù quello di rendere alla universale intelligenza il più sublime, ed Augusto Mistero di nostra Santa Religione. Più due brevi articoli sul Purgatorio, e sul carattere sagramentale. Col primo intende convincere i Latini che gli Albanesi professanti il rito greco nel nostro regno in nulla difettano nella vera cristiana credenza, e col secondo far apprendere agli ordinandi la sublimità del carattere, di cui ricevevano l'impronta. Per dar sfogo poi all'intenso amore, che lo anima per l'idioma di Omero, componeva e pubblicava vari Epigrammi Greci volti anche in latino, ed infine quattro brevi Omelie in lode della Vergine Santissima, di cui vive divotissimo. Non ostante della decrepita età che lo aggrava, era intento a ritoccare un corso di Sante Missioni, ed altre inedite produzioni relative al nostro rito; ma colto da insulto nervoso, languisce a letto impedito a dar perfezione ai suoi cennati lavori. Non ostante però che si vede prossimo a compiere la curva della propria esistenza, pure mantiene illesa la intellettuale potenza e discorre del passato con lucida memoria.

L' arciprete D. Domenico Damis respirò le prime aure di vita in Lungro nell'anno 1739. Ammesso a piazza franca nel collegio di S. Attanasio in Roma, compiva in quel nobil convitto la carriera dei suoi studi, e ancor giovane, venne scelto ad insegnare lingua greca. Dietro rigoroso esame, ottenne la laurea di Filosofia e Teologia, ma la paterna tenerezza, che l'obbligava a rimpatriarsi tarpò le ali alla fortuna tanto restia a vantaggio dei dotti. Innalzato al posto di arciprete, non smetteva le sue carite occupazioni, e scompartiva il tempo nell' istruire i filiani, ed a perfezionare sè stesso con indefessa lettura.

Vacava nel 1791 il Vescovato greco, ed il governo disponeva largire una tare dignità a chi meglio saprebbe meritarla in un canonico concorso.

Scesero allora nel difficile arringo soli due atleti Damis, c Bugliari a disputare l'onore della Tiara, c gli esaminatori Ignarra, e Conforti , i di cui nomi sono ritenuti dalla storia come primi tra i letterati d'Italia, ebbero ad ammirare nei candidati la vastità delle teologiche cognizioni, la precisione nella storia dei concilj, e molto più in Damis la greca erudizione , e l'intelligenza dell'elegante Tucidide, di cui all'impronto tradusse l'intralciato testo, ed arricchì la versione di svariate filologiche osservazioni. Per lungo tempo si tenne discorso nella Capitale del Regno di quel letterario certame, ove eran concorsi a dar saggio di erculea dottrina due illustri Albanesi, e se il giudizio privò Damis della contrastata dignità, pure colui, che l'ottenne in sua vece ben giustificava la scelta.

Senza eguali nella greca e latina letteratura: a nessuno secondo nell'altre scientifiche discipline: gagliardo propugnatore delle Evangeliche verità , formano per l'illustre defunto un complesso di doti, da rendere il suo nome immortale nella rimembranza dei posteri. Nel 1822 trapassava da questa vita, nella sede degli angeli.

D. Abramo Demarchis, socio corrispondente dell' Accademia Cosentina, nasceva in Lungro a 6 novembre 1779, da Pasquale, e Giulia Basti - Nulla dirò degli anni primi della sua vita, epoca di passività, e di preparazione, in cui l' anima s'arricchisce d'immagini, c di sensazioni, e per cinque vie slanciandosi nel teatro della natura, acquista materiali, che poscia elaborati c classificati dall'intelletto formeranno l'enciclopedia della ragione. I suoi genitori lo avviarono di buon'ora alle lettere, ed egli dava opera allo studio delle lingue, scienza dei segni, per passare quindi a quella del pensiero. Siffatto progresso scorgesi ancora nella natura, e si ravvisa nel corso dei popoli, come nella vita degli uomini. Si creano prima immagini, si passa quindi a creare idee.

Fatto largo tesoro della favella: di Tullio, e di Dante, imprendeva lo studio della Filosofia, e dopo iniziavasi nella nobil scienza, onde immortali si resero Montesquieu, Beccaria, e Romagnosi. Compiuto in provincia il corso legale, moveva per alla volta della nostra Metropoli a dar l'ultimo perfezionamento a materie sì fatte. Entrava colà nel Santuario di Temi, avendo a Professore D. Domenico Sarno, dottissimo giurista.

Trovò nella Capitale in gran movimento la scienza del dritto, e delle leggi. La scuola di Vico rammollita , ed esplicata dal Filangieri,  dal Genovesi, e Galliani fioriva all'epoca del Demarchis sotto le mani di mille pensatori, perchè il moto era dato dal Trono. L'immortal Carlo III. e poscia l'illustre Ferdinando I. (di sempre cara ricordanza ) facevad dimenticare l'asprezze dei Vice-Re, e le angarie del feudalismo.

In epoca tanto felice per la scienza legale, arrivava in Napoli Abramo Demarchis, il di cui intelletto positivo, ed entusiasta a tanto moto del pensiero si agita, fermenta, s'ingigantisce. Insaziabile di vedere, e conoscere, interroga la verità da per tutto. Colà immagina il piano di grandi lavori, e gettava profondi pensieri in dissertazioni svariate, che spesso leggeva in Accademia, ove intervenivano, e brillavano i più culti uditori dello studio di Sarno.

Tornato in Lungro, davasi ad esercitare la Professione con successo. Le grandi dottrine acquistate nella Scuola di Napoli, e l'intemerata Morale, che gli era propria, rendevanlo nel foro rispettabile. Fu creato Governatore prima Baronale, e poi Regio in Cassano; ma nominato poi Giudice di Pace in Longobucco, vi rinunziò ed interruppe la carriera giudiziaria , nella quale era ricercato con impegno. Allo insorgere del sistema Amministrativo, principio di forza, e di concentramento, rese utili servizi alla Sotto Intendenza di Castrovillari, ed alla Divisione Demaniale. Rinunciò in seguito ad ogni pubblico incarico, perchè la sua morale era incompatibile con l'audacia, e la corruzione, che seco avea addotto il mutamento governativo nel decennio, ed il suo modo di pensare male si accordava con le istabili novità del tempo.

Il rimanente di sua vita fu tutta consacrata allo studio, al comporre, al meditare. Forte intelletto non si appagava che di cibi forti. La scienza del calcolo, e delle proporzioni, che aveva approfondito in Napoli sotto la guida del sig. Sonni, formava il suo sommo diletto. Aprì corrispondenza coll'insigne matematico Giuseppe Scorza, e col di lui mezzo, sgombrato l'arduo cammino percorse il vasto campo d'Euclide, e di Archimede, e con ali robuste si slanciò nell'alto, vi ricercò le proprietà generali della estensione, ed armato di cifre algebriche misurò le curve dei cieli, scandagliò gli Oceani. Divenne in breve il primo matematico della provincia, nella quale in quel tempo non prevaleva ancora il gusto di questa scienza.

Dopo l' algebra, le scienze morali richiamavano la sua attenzione, e dava vita ad un trattato di Saggi Morali, o ricerche sulla virtù.

La morte della primogenita figlia, e dopo non guari della sua consorte immerse il suo cuore in aspre amarezze. Pianse e cantò sul tuono del Petrarca alla morte di Laura, e menò gli ultimi anni della vita tra le ombre degli affanni, e tra le meste armonie. Per dare una diversione alle sue afflizioni, imprese lo studio dell'idioma di Omero, impiegando due anni di penoso travaglio, ma fè ben tosto passi da Colosso. Tradusse Anacreonte e lo vestì di numeri, e di modi Italiani, senza che il Poeta de Teo nella novella forma, nulla perdesse delle sue grazie e della natia semplicità.

Ma qual Gigante avrebbe resistito a tante fatiche? Egli dell'età di anni 51 trapassava al godimento dell'eterna felicità, rimpianto dalla patria, e dagli amici. lasciando inediti i seguenti lavori. 1° Corso completo di Algebra per uso dello studio privato. 2° Corso di Logarismi. 3° Saggi Morali, ossia ricerche sulla virtù. 4° Traduzione in versi di Anacreonte dal Greco, arricchita da copiose note Filologiche, storiche, ed osservazioni sulla lingua. 5° Un volume di Poesie varie, originali e traduzioni dal Greco, tanto sacre, che profane. 6° Un Repertorio sul Digesto, col confronto dei Chiosatori del Dritto Romano.2

D. Andrea Martino, nacque in Lungro nell' anno 1740. Compiuto il corso dei studii nel Greco Collegio di S. Benedetto, rientrava nella patria ricco di quel scientifico patrimonio, solo incapace ad essere addentato dalle vicende del tempo. Sommamente positivo nella latina letteratura, e nelle teologiche-canoniche discipline, sosteneva difficile concorso per l'Arcipretura di Lungro, perchè Damis che gli contrastava la palma era gigante al par di lui. Ottenuta la carica, potè appena per due anni con insigne lode esercitarla, mentre assalito da morbo letale, passava nella sede dei beati quasi nel fiore della sua età.

D. Michele Bavasso, nasceva nel Comune di Lungro al 1774. Costui oltre della medicina, e chirurgia che professava con buoni risultati, era ben anche esimio cultore della greca, e latina letteratura. Entusiasta per le matematiche, imprese a diffondere con profitto questa scienza nel Seminario di Cassano. Il chiarissimo canonico di Benedetto inseriva nel Giornale il Calabrese, un erudito articolo Necrologico dopo la sua morte avverata nel 1843, a cui rimetto il lettore vago ad ammirare il merito di quell' egregio concittadino.

D. Luigi Stratico sacerdote di rito greco nasceva in Lungro nel 1777. Compiva la scientifica educazione nel collegio di S. Benedetto, ove attese con tale ardore allo studio della lingua greca, o latina, che in breve vi spiegava il suo predominio su ambe quelle fiorite letterature. Posto termine al corso teologico-morale , ed alla filosofia , ascese al sacerdozio, e rientrava in famiglia ad estendere la sfera delle apprese conoscenze con indefessa lettura. Nel 1811 insegnò umanità sublime nel Real Collegio Cosentino, e nel 1823 sostenne con onore lo stesso incarico nel Seminario di Cassano. Fu approvato in un difficil concorso innanzi a M. Cardosa, e nel 1835 gli venne affidala la cura della Parrocchia del Comune. Assiduo nel pascere il suo gregge con la Divina parola, e ad imprimere nel cuore dei ragazzi i dogmi di nostra Religione, ebbe a comportare l'assalto di un morbo letale, il quale riluttando ogni soccorso dell'arte Ipocratica, con dolore universale, lo condusse al sepolcro correndo l'anno 1840.

Splendè ben'anche di chiara rinomanza il patire di lui, chiamato D. Angelo Stratico, cultore esimio dell'Ipocratica scienza. Egli, morendo, lasciava un aureo trattato, de morbis capitis, de dolore in genere, et primo de Cephalogia, scritto in tersa latinità, e pregevole per l'estese vedute che vi si contengono.

In maggio del 1855 passava a miglior vita D. Domenico Bavasso, egregio professore di Medicina e Chirurgia. L'autore del presente lavoro con disteso funebre elogio delineava al pubblico il quadro delle sue conoscenze, documento a cui rimettiamo il lettore vago ad ammirare i pregi, che largamente concorsero a cingerli la fronte di luminoso serto.

D. Raffaele Maida respirava le prime aure vitali in Lungro nel 1795. Sin dall'adolescenza rifulse in lui la gagliardia di una estesa comprensiva ed il gusto per le letterarie discipline con possanza infrenabile lo trascinava al Santuario del sapere. Affidato alla scorta di chiarissimi professori, compì nella patria il corso della primitiva istruzione nello studio delle lingue, della filosofia, e principii del dritto; studi i che imprimono all'intelletto la felice altitudine di perfezionare qualunque conoscenza, quindi moveva per la sede dei Bruzi, onde arricchire lo spirito delle legali teorie. Egli colle prime occupazioni era pervenuto nel gran vestibolo del Tempio di Temi: doveva percorrere tutti gli anditi dell'immenso Edifizio onde scovrire l'altare, ed onorare il simulacro della Dea. Tutte le branche dello scibile fiorivano in quel tempo in Cosenza città delle antiche rimembranze, e D. Raffaele Maida ebbe opportunità di dar l'ultima mano alle scienze, di cui aveva assaporati i principii, sotto la guida dei più insigni istitutori. Dietro giganteschi travagli, e poderosi studii sulla penale e civile giurisprudenza, imprendeva l'esercizio della professione in quel Tribunale, onde sin dai primi esordii, attirava la pubblica ammirazione.

Fu giudice in Cerzeto, e poi in Grimaldi; ma la sua generosa indole, ed intemerata morale, lo determinarono abbandonare la carriera per far ritorno alle sue carite occupazioni. Sostenne per due anni cattedra di filosofia, ed estetica nel Collegio greco di S. Adriano con piena soddisfazione degli Alunni di quel Convitto.

Coltivava con entusiasmo l'amena letteratura, le scienze speculative, e la poesia. Improvvisa morte lo tolse dai viventi nel dì 8 novembre 1857 ed al dolore della sua desolata famiglia, si aggiunge quello dell'intera Comune, che ha perduto in lui il profondo Giureconsulto, l'egregio filosofo, il benemerito Cittadino.3

Fiorirono in Lungro in ogni tempo le liberali professioni, e le teologiche discipline, così che in svariale epoche, si ebbero ad ammirare egregi legisti, culti medici, ed istruiti sacerdoti.

Sulla porta d'ingresso della Chiesa dell'antico Convento dei Basiliani di Lungro, incisa sopra marmo, si leggeva la seguente iscrizione.

D. O. M.

DOMUM HANC QUAM AB OGERIO

SANSEUAE COMITE ALTIMONTIS,

ERECTA , ET DOTATA ANNO MCLVI

JULIUS S. R., E, PRESB. CARD. ROM,

VETUSTATAE DELAPSA, RESTAURAVIT.

A.N. MDCXXXIV,

 AECONOMO EMARINANGELO JACOBERTI AD ANCONA

ORD. MIN. CONV. D. I.

 

 

FINE

 

 

1. Gli abbati Commendatori della Badia di Lungro avevan l'obbligo di dover educare a loro spese un alunno nel Collegio di S. Attanasio in Roma. Il Comune ha fruito questo insigne beneficio dal 1525, fin al 1786 epoca in cui la Commenda rimase devoluta al real Demanio.

 2 Il presente Cenno biografico è un transunto di più esteso lavoro, che all' uopo componeva l'egregio Sacerdote D. M. Bellizzi, e che per serbare la legge della brevità proposta, non si è stimato tracrivere per intero.

3. Facciam voti, che il professore D. Agostino Maida, figlio dell'illustre defunto voglia rendere di pubblica ragione gl"inediti lavori di suo Padre, onde meglio risplenda il suo nome presso i Dotti connazionali.